Storia del campionato italiano e del super 10

La Storia del Rugby, le sue Tradizioni, le Leggende, attraverso documenti, detti, racconti, aforismi.

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GRUN
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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel

Messaggio da GRUN » 6 ago 2007, 16:27

Torniamo al campionato. Il torneo del 1952/53 è uno dei più combattuti ed equilibrati di sempre, ma è anche intossicato da polemiche e vede la federazione costretta ad intervenire più volte con clamorosi provvedimenti disciplinari. Al vertice si ripropone il confronto tra il Rovigo tutto prosa di Battaglini ed il Parma, più propenso a gratificare la "larga" poesia del gioco alla mano, allenato da Giusto Fereoli e composto, in maggioranza, da giovani universitari figli della ricca borghesia cittadina. Ma a differenza del campionato precedente e di quelli che verranno, Rugby Roma e Rugby Milano si dimostrano competitive e lottano fino alla fine per lo scudetto. Il Petrarca continua il suo processo di crescita, societaria e tecnica, e si leva molte soddisfazioni, tra le quali una vittoria in trasferta a Rovigo, chiudendo quinto al termine del campionato. E proprio il successo patavino ottenuto in terra polesana il 21 dicembre all'ottava di andata, fa esplodere il primo, spinosissimo caso di quel travagliatissimo campionato. Quella domenica pre-natalizia la rivalità fra le due squadre ed i due microcosmi che esse rappresentano, degenera sul terreno dei Tre Martiri. Il match finisce 8-3 per il Petrarca ma è un dettaglio secondario, a fronte delle ripetute risse che costringono l'arbitro ad espellere cinque giocatori. Qualche giorno dopo la commissione disciplinare della federazione punisce duramente i rodigini, in particolare Maci Battaglini, che si prende quattro giornate di squalifica e riceve l'inibizione a ricoprire il ruolo di capitano fino al termine del campionato. Rovigo decide allora, dopo una concitata assemblea straordinaria dei soci, di ritirarsi dal campionato. Soltanto l'intervento del presidente federale Galletto, che non vuole si ripeta un altro caso come quello della Ginnastica Torino del 1950, convince i dirigenti rodigini a cambiare rotta e a non abbandonare il torneo.

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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel

Messaggio da GRUN » 6 ago 2007, 18:32

A spingere Galletto alla mediazione, oltre al desiderio di non far perdere ulteriore credibilità ad un organismo federale già abbastanza dissestato e ad uno sport che dopo i relativi fasti del ventennio stenta a decollare, c'è la paura che la defezione rodigina possa fungere da elemento scatenante per consistenti diaspore verso il rugby a XIII. La storia del rugby league in Italia è sempre stata trascurata e poco approfondita ed invece merita la giusta attenzione. Incuriositi da un gioco nuovo per l'Italia, a cercare di conoscere, giocare e diffondere il rugby a tredici giocatori furono gli atleti ed i dirigenti della Ginnastica Torino, che avviarono i primi contatti con la federazione inglese già nel 1949, sperando di riuscire ad organizzare per l'anno successivo una tournée in Inghilterra al fine di prendere contatto con una realtà culturale ed una forma di espressione rugbistica davvero, almeno in Italia, davvero misteriose. Si strinsero anche i primi rapporti con la FFR XIII, al fedarzione di rugby a tredici francese, ottenendo un invito, per l'ingegner Bergoglio, dirigente torinese e forte sostenitore della nuova disciplina, ad assistere il 15 gennaio a Marsiglia, alla partita Francia-Impero Britannico. Con grande sorpresa della delegazione italiana, che conosceva la supponenza e la diffidenza dell'IRB nei confronti di tutte le federazioni "eccentriche" del rugby a XV, francesi ed inglesi di dimostrarono molto interessati ad eventuali sviluppi ed una diffusione allargata all'Europa del sud del gioco a tredici.

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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel

Messaggio da GRUN » 6 ago 2007, 19:23

A capo di federazioni che rappresentavano e gestivano movimenti professionali, i dirigenti inglesi e francesi di rugby a XIII avevano una visione del mondo ovale antitetica rispetto quella degli inglesi dell'IRB, di fatto padroni del rugby a XV. Questi erano, ed ancora a lungo lo sarebbero stati, generati dai movimenti istituzionali legati alle elites aperte solo agli aristocratici e, in misura significativamente minore, agli esponenti dell'alta borghesia. Il rugby, da praticarsi prima al liceo, poi negli esclusivi college universitari, era strumento certo ludico, ma soprattutto formativo, con annessi vari passaggi simbolici di forte pregnanza culturale, destinato a forgiare le future classi dirigenti. Quella era la sua funzione, lì si poteva apprezzare la sua consistenza ontologica. Tutte le spinte centrifughe, a partire da quella determinatasi tra il 1892 ed il 1895 nel nord dell'Inghilterra e fortemente connotata in termini di antagonismo sociale, capace di fara nascere e poi sviluppare il rugby league, il rugby a tredici, e poi, risalendo nel tempo, quelle francesi, tutte le ricerche e le manifestazioni di identità altre, tutte le espressioni che non fossero quella che per gli inglesi era assurta a valore di canone, di paradigma di riferimento, erano guardate con sospetto, temute, osteggiate. Tanto erano pervicacemente conservatori i dirigenti del massimo organismo del rugby a XV, tanto erano spregiudicati ed aperti alla persuasione i dirigenti, professionisti, dei giocatori, professionisti, del rugby a tredici. Avevano un atteggiamento manageriale che li portava ad indagare su possibili ed eventuali "sviluppi di mercato". Perfettamente consapevoli delle difficoltà che il rugby stava vivendo in Italia, erano attratti da una futuribile espansione del rugby league in un paese popoloso e con un'economia che cominciava a manifestare i primi segni si sviluppo (ma non di progresso, come da lì a poco avrebbe intuito Pasolini). Avevano inoltre valutato i possibili vantaggi che sarebbero derivati dal giocare con squadre rappresentative di una nazione che aveva dato e continuava a dare forza lavoro, attraverso una massiccia emigrazione, proprio a quei paesi ed a quelle aree dove il rugby league si era radicato ed aveva trovato una precisa identità. Più partite più soldi, nuovi appassionati nuovi affari. Le grandi federazioni straniere di rugby a tredici erano così imprenditorialmente lungimiranti e capaci di pianificazioni e di progettualità ad ampio raggio e lungo termine, da arrivare, da lì a poco, a garantire alla Federazione Italiana Rugby 13 (FIAR), che si costituirà, come vedremo, ufficialmente nel 1958, cospicui finanziamenti, al fine di garantire una diffusione ed uno sviluppo che erano nell'interesse o meglio, negli interessi, di tutti, italiani, francesi ed inglesi.

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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel

Messaggio da GRUN » 7 ago 2007, 10:43

Bergoglio aveva già edotto, qualche settimana prima della partita di Marsiglia, il presidente federale Olivetti delle intenzioni del gruppo torinese: da quel momento i rapporti tra FIR e Ginnastica Torino saranno sempre più tesi, sfociando nel ritiro dal campionato di cui abbiamo già detto. Inizia allora la rivalità tra le due espressioni rugbistiche, poi destinata a tramutarsi in lotta aperta tra le due federazioni, con la FIR determinata a non concedere spazi di alcun tipo ai cultori del tredici, anche se per qualche anno, prima che costituisse ufficialmente, con tanto di atto notarile, la FIAR 13, avrebbe (mal)tollerato, senza comminare squalifiche, una sorta di osmosi, verificando l'interscambio, con molti giocatori, anche di alto livello, di rugby a quindici che, il più delle volte per curiosità ed in modo estemporaneo, andavano a provare l'altra dimensione. Usciti dal campionato e dal rugby "tradizionale", i torinesi, dopo aver costituito un comitato di propaganda, si affidarono, per imparare le nozioni basilari, ad uno di quei personaggi da romanzo che solo il rugby francese sapeva creare, Antoine Blain.

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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel

Messaggio da GRUN » 8 ago 2007, 18:10

Blain, nato nel 1911, figlio dell'inquieto ed umorale sud ovest, dove la cultura francese s'intride di umori catalani e baschi, iniziò a giocare nel rugby a quindici con la maglia del Saint-Jean-de-Luz Olympique (campione nel 1932 nella lega "dissidente" dell'UFRA) ed esordì in nazionale nel 1934, passando poco dopo nel rugby a tredici, dove fu una colonna del Carcassonne e poi della nazionale, uno dei non moltissimi ad essere stato internazionale nell'union e nel league. Ma la sua fama è legata in particolare ad uno dei grandi eventi della storia dello sport francese, ammantato di mito e di gloria: la tournée in Australia del 1951 della nazionale francese di rugby a tredici. Blain era il selezionatore e commissario tecnico di quella squadra che partita a maggio, in nave, senza particolari clamori, anzi nel timore di dure batoste contro gli australiani, depositari del verbo del tredici e considerati imbattibili, avrebbe fatto ritorno a Marsiglia (città di grande tradizione nel rugby a tredici giocatori) il 19 settembre, accolta da una folla entusiasta e riconoscente di oltre centomila persone, dopo aver vinto la serie per 2-1 (26-15, 11-23 e 35-14 nel partita decisiva a Sydney, una delle più mitizzate da giornalisti e scrittori francesi, una delle più esaltanti sublimazioni del gioco alla mano). Blain a Torino erudì i neofiti italiani, mettendoli in condizione di giocare il 2 giugno, nella città sabauda al Motovelodromo, il primo incontro ufficiale contro una rappresentativa transalpina, dopo che a marzo i transfughi della Ginnastica Torino erano stati portati a Cannes per affrontare l'Avignone. Il primo test ufficiale fra le due nazionali si disputò a Cahors e gli italiani, a sorpresa, seppero tenere bene testa ai francesi che stavano preparando la leggendaria tournée australiana, perdendo solo 29-17. Nel 1953 sarebbe arrivato anche il primo test con l'Inghilterra. A livello di club il tredici in Italia si diffuse in Piemonte, con le squadre del Lucento (un quartiere di Torino), del Pinerolo, del Valenza ed in Lombardia, col Milano XIII, formato da ex giocatori della Juventus Milano. Lentamente il baricentro si spostò verso il Veneto, con grandissima preoccupazione della FIR, ed infatti fu a Treviso che nel 1958 venne costituita la Federazione Rugby 13, immediatamente riconosciuta dalla Rugby Football League, che destinò, come già scritto, cospicui finanziamenti alla giovane FIAR 13, che riuscì ad affiliare, per il primo anno di attività ed il primo campionato, vinto dal Gorena Padova, 24 società. Ma dopo gli impulsi iniziali il rugby a tredici perse entusiasmo e forza e capacità di diffusione. A limitarne la forza di penetrazione furono certo le azioni di opposizione della FIR, ma anche alcuni fattori peculiari della realtà italiana e che i dirigenti della Rugby Football League non erano riusciti a prevedere.

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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel

Messaggio da GRUN » 9 ago 2007, 16:04

Tutti i movimenti generatori e propulsivi capaci di garantire vita al rugby a tredici, almeno nelle espressioni europee, perché il caso australiano attiene ad altri contesti storici e culturali, hanno sempre avvio da forme scismatiche o di rottura o da manifestazioni di crisi del rugby a quindici. Alla scissione inglese del 1895 abbiamo già fatto cenno; in Francia si comincia a giocare a tredici nel 1934, ma a creare le condizioni per l'inseminazione è la scomunica comminata dall'IRB alla federazione francese, con relativa esclusione dal Cinque Nazioni, ma soprattutto è il baratro, etico e tecnico, nel quale è precipitato tutto il movimento transalpino. I dirigenti inglesi del Rugby League ne approfittano, avviano i contatti, organizzando a Parigi il 31 dicembra 1933 Inghilterra-Australia, contattano le persone giuste e coinvolgono un grande giocatore del XV, Jean Galla, in rotta con la federazione perché accusato di professionismo, che col suo carisma e la sua credibilità riesce a trascinare nella nuova avventura altri grandi atleti, attratti dalle caratteristiche di espressione tecnica del nuovo gioco (ma anche dalla possibilità di guadagnare dei bei soldi alla luce del sole...) e a provocare l'interesse del pubblico, determinando un successo incredibile se si considerano i tempi, brevissimi, in cui avviene tutto il processo di conversione. A distanza di circa vent'anni ai padroni del vapore del rugby league pare d'intravvedere anche in Italia condizioni simili e tali da garantire un'ulteriore espansione.

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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel

Messaggio da GRUN » 9 ago 2007, 16:37

La situazione italiana non è però comparabile con quella francese. Ci sono, è vero, segnali di crisi e d'insoddisfazione, ma non hanno una diffusione endemica nè una virulenza paragonabili a quelli che avevano scosso la Francia del rugby nell'anteguerra. In Italia il principio di scisma viene avviato da e in un'area rugbisticamente ormai periferica e solo dopo qualche anno si ha la temuta, dalla FIR, estensione verso oriente, quando ormai le identità italiane sono ben definite. In Francia invece, negli anni trenta, si era determinata una sorta di azione a tenaglia, poiché il gioco a tredici era stato diffuso subitaneamente nei centri del sud ovest, quelli storicamente a maggiore densità rugbistica, ma anche portato nei grandi centri urbani, del sud est e del nord, fin dalle origini quasi esclusi dai processi di sviluppo e consolidamento del gioco a quindici. Sia in Inghilterra che dai nostri cugini si era verificata, in tempi rapidissimi, la diaspora di molte leggende dell'union, convinte a passare dall'altra parte del fiume, garantendo al league credibilità tecnica e seguito popolare. Da noi nessuno dei grandi nomi aveva saltato il fosso, almeno a titolo definitivo. Ben diversa sarebbe risultata la situazione se nel 1953 alcuni dei rodigini campioni d'Italia e nazionali, invece che rientrare in campionato, si fossero dedicati al gioco a tredici (e questo spiega la solerzia e gli sforzi diplomatici del presidente federale Galletto dei quali abbiamo già parlato). E poi, molto semplicemente, il rugby italiano, figlio di un dio orgoglioso, ma minore, non poteva contare su una base di praticanti e su una cultura radicata (con relativo interesse di mezzi d'informazione) estese e solide a tal punto da garantire la diffusione di un nuovo verbo e la sua eventuale e proficua convivenza con quello già, a fatica, conosciuto in alcune aree del paese.

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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel

Messaggio da massiminocicci » 9 ago 2007, 17:07

Complimenti, veramente bello quello che sta facendo, ora sveli il segreto, sono degli appunti per un libro sul rugby che ha in mente di dare alle stampe in un prossimo futuro? Se così fosse sarebbe bello avere su questo sito la presentazione e tutte le informazioni per acquistarne una copia.
Ancora complimenti.
continui così. :o

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RE: Petrarca 86/87: 8 quintali di cuore e 20 chili di cervel

Messaggio da GRUN » 10 ago 2007, 11:28

massimino ciao (spero mi conceda l'uso del pronome di seconda singolare). In realtà non ho in mente particolari progetti a lungo termine, tutto è molto estemporaneo ed ondivago. Finché dura...

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Messaggio da sanzen » 10 ago 2007, 12:46

Finchè dura l'è na vigna.....(detto Veronese)
Dai Marco continua, con o senza libro intanto, il godimento è sommo sotto il cielo estivo, poi con l'arrivo delle stagioni fredde un pensiero concreto ad un volume che contenga la storia dalle radici sarebbe il benvenuto.

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Messaggio da massiminocicci » 10 ago 2007, 15:08

Ciao GRUN, sicuramente il pronome di seconda singolare va benissimo, ieri sono rimasto così affascinato a bocca aperta e occhi sgranati che non mi sono reso conto che eravamo in un forum, che la comunità del rugby è molto "amicale", ecc ecc. Mi sono lasciato trasportare davanti a tante informazioni con riferimenti storici di contorno, che ho avuto l'impressione di essere all'Università. Spero di essere perdonato, in particolare perchè non sono un grande frequentatore di forum e devo dire che a volte non riesco neanche a seguirne i linguaggi e il succedersi degli eventi e delle risposte.
A quando un'altra puntata della "Storia siamo noi"?.

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Messaggio da GRUN » 10 ago 2007, 15:56

A... subito, massimino. Intanto abbraccio il vescovo moro di Verona, felice che si bei sotto i cieli di agosto.

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Messaggio da GRUN » 10 ago 2007, 16:22

Torniamo al campionato italiano 1952/53. Rovigo, al di là dei fattacci della partita col Petrarca, con relativi strascichi disciplinari (la squalifica di Battaglini viene poi ridotta a due giornate), stenta per tuto il girone di andata, perdendo a L'Aquila, in casa col Brescia e col Petrarca, pareggiando sempre al Tre Martiri col Rugby Milano. Al giro di boa sembra tutto compromesso, considerando anche la forza del Parma, del Rugby Milano e della Rugby Roma. Invece, quando tutti li danno per spacciati, i rovigotti infilano un ritorno impressionante, vincendo sette partite (e tra queste c'è il decisivo 6-5 in casa del Parma) e pareggiandone una, in casa della Rugby Roma. Alla fine la classifica vede Rovigo e Parma appaiate a 28 punti, Rugby Milano terzo a 26 e Rugby Roma subito dietro a 24. Per assegnare il titolo è necessario lo spareggio, da giocare a Bologna il 12 aprile. Come da previsioni è una battaglia, dura, equilibrata. Parma, che schiera il poliedrico Lanfranchi terza ala, va in vantaggio con un piazzato del mediano di mischia Pisaneschi, Rovigo risponde, sempre nel primo tempo, con una meta di Borsetto trasformata da Battaglini. Nel secondo tempo un'altra punizione di Pisaneschi a nove minuti dalla fine sembra poter dare lo scudetto agli emiliani, ma una punizione di Battaglini al 35' chiude il discorso: 8-6 e terzo scudetto a Rovigo.

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Messaggio da GRUN » 31 ago 2007, 16:23

Le convulsioni del campionato 1952/53 non terminano però con l'assegnazione dello scudetto. Retrocede in serie B la Partenope, che chiude a sette punti, distanziata di quattro lunghezze da Treviso, L'Aquila e Amatori Milano, ormai preda di un malinconico declino. Ma è a giugno che si registrano i nuovi fuochi di artificio; in serie B lo spareggio di Padova vede, nel primo giorno del mese, L'Edera Trieste prevalere 6-3 sul Rho. Il giorno successivo Fausto Coppi chiude in maglia rosa a Milano e vince il suo quinto, ed ultimo, Giro d'Italia: pochi mesi dopo, mentre la sua storia d'amore con la Dama Bianca sta facendo discutere l'intero paese, si prenderà la sospirata maglia iridata a Lugano, facendo impazzire decine di migliaia di italiani riversartisi sulle strade della cittadina svizzera per celebrare uno delle estreme imprese del mito. L'Italia sta vivendo un altro momento di particolare tensione e passione; a giugno sono in programma elezioni politiche di straordinaria importanza, perché, dopo la promulgazione di marzo della legge elettorale, con passaggio dal proporzionale al maggioritario (con tanto di premio di maggioranza allo schieramento capace di ottenere il 50% più un voto), voluta dalla DC e dai suoi alleati ed avversata dai partiti della sinistra, che parlano di legge truffa, il voto assume il valore di spartiacque. La DC accusa un notevole calo di consensi rispetto alle precedenti elezioni, ma ad impedirle di giungere all'agognato premio di maggioranza è in pratica il partito di Unità Popolare, guidato da due figure quali Ferruccio Parri e Pietro Calamandrei, ex membri del Partito d'Azione, e fondato nell'occasione per opporsi in pratica al maggioritario. Per soli 54.000 voti l'alleanza centrista sfiora ma non ottiene il risultato atteso; l'anno dopo la legge verrà abrogata. Il rugby, nel suo piccolo, si adegua al clima elettrico che pervade il paese. Il 27 giugno la federazione squalifica per ben sei mesi il povero Paolo Dari, della Rugby Roma, otto volte nazionale, per un articolo scritto sul Corriere dello Sport relativo alla partita Romania -Italia. Il liberticida e vergognoso articolo 32 prevede infatti che i giocatori non possano rilasciare interviste né scrivere riguarda alle partite nelle quali hanno giocato... Sempre negli stessi giorni arriva la notizia bomba da Rovigo, dove è stato appena eletto presidente quel Davide Lanzoni che aveva portato il rugby nel Polesine: Maci Battaglini non viene confermato come allenatore dei bersaglieri! Al suo posto viene inserito Topa Milani; Battaglini, con soffertissima decisione, passa allora, come allenatore-giocatore, al Treviso. Già, Treviso.

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Messaggio da GRUN » 7 set 2007, 17:49

La Rugby Treviso viene fondata nel 1932. Tra i pioneri capaci di gettare il seme nella Marca è da ricordare almeno Renato Malatesta, scomparso recentemente, uno di quei personaggi pieni di passione e dedizione che hanno fatto la fortuna del rugby in Italia. Prima da giocatore, poi soprattutto grazie al proprio lavoro di insegnante di educazione fisica al collegio Pio X, Malatesta ha iniziato a questo sport moltissimi ragazzini trevigiani, che lo hanno poi avuto come punto di riferimento e non solo nelle vicende sportive. Come in altri centri di provincia del nord Italia prima della seconda guerra mondiale il rugby a Treviso si radica con lenta, ma costante crescita di praticanti e di seguito, senza che però la prima squadra arrivi mai in prima divisione. Sono i quartieri più popolari a dimostrarsi i più recettivi, sono i ragazzi poveri e vivacissimi di San Nicolò e poi di San Giuseppe a creare la base sulla quale si costruiranno le fortune del rugby trevigiano. Presto il campo di riferimento diventerà quello del Dopolavoro Ferroviario, celebre per la polvere di carbone depositata dalla polvere di carbone che si depositava sul terreno da gioco ogni qualvolta venivano pulite le caldaie dei treni. Su quel campo sarebbe andato anche Maci Battaglini, una volta ingaggiato dai bianco blu (quelli erano all'epoca i colori sociali), a fare proselitismo e ad insegnare ai ragazzini. Presto quel terreno infame avrebbe visto disputarsi il torneo scolastico, molto sentito in città e ulteriore occasione di avvicinamento al rugby per molti futuri grandi giocatori. Lo spirito ruspante, davvero amatoriale, l'organizzazione spesso estemporanea, le condizioni logistiche precarie, il coinvolgimento dei ragazzi figli di famiglie proletarie o piccolo borghesi, la scarsa disponibilità di denaro dei dirigenti, il senso forte di appartenenza e lo spirito di gruppo, sono tratti distintivi del rugby trevigiano dei primi venticinque anni e denotano alcuni elementi in comune con la realtà rodigina. Anche a Treviso sarà determinante il contributo disinteressato di molti appassionati, che, secondo le proprie possibilità, non solo economiche, cercheranno di aiutare giocatori e dirigenti. Emblematico è il caso di Loris Casellato, famoso pasticcere, ma in primis perduto innamorato della pallaovale.

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