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da Argos_73 » 17 mar 2008, 17:34
Io l'ho vista così, non è una fedele telecronaca, ma solamente un'omaggio alle ragazze che mi hanno regalato tante tante emozioni.
Mira (VE) – E’ un misto di colori quello che si presenta agli occhi, il grigio su tutto, quello del cielo, che senza rugby sarebbe quello di una domenica tra tante, forse anche un po’ triste. Un guazzabuglio di dialetti, ragazzine che corrono, si inseguono, sognano forse una corsa nel vento, forse una maglia azzurra. E’ così che si presenta Mira ai miei occhi un punto in mezzo a tanti nomi importanti, un punto ovale.
Odori, e ce ne sono un numero interminabile, di pioggia, di fango e d’orgoglio di laguna (che poi non è troppo lontana), ma soprattutto uno lo riconosco subito è l’odore del rugby: quel misto un po’ bizzarro che oscilla tra il soave della birra e l’intenso dell’olio di canfora.
Mi chiedo se ci sia poi così tanta differenza tra Mira ed Edimburgo, ma forse è solo una questione di castelli e di lunghe domeniche di passioni. Neanche qui oggi è una domenica qualunque, ancora un'ora, e poi: Italia – Scozia.
Si quella del rugby e no non quella degli uomini. Lo stesso sapore, lo stesso torneo, si il 6 Nazioni. Ci si gioca la prima vittoria, ci si gioca il "cucchiaio di legno", ci si gioca l’orgoglio di esserci. Abbiamo faticato tanto per esserci, dobbiamo dimostrare che ne vale la pena. No, non agli altri… semplicemente a noi stessi.
Io lo so che questa è la giornata giusta, lo so da quando un po’ di tempo fa ho avuto la fortuna di incocciare l’ovale in rosa, in uno di quei giorni che sembrano casuali, ma invece sono importanti davvero. Per questo sono qui, tre ore di macchina a andare e tre ore a tornare. Ci sarei venuto anche a piedi.
Sulle tribune c’è di tutto, bambini, mamme, distinte signore scozzesi, ex-nazionali azzurri e tanto rugby femminile, tanta Italia, se ascolti bene ti sembra quasi di percepire un grido, silenzioso e possente al tempo stesso: “ci siamo anche noi… e siamo qui!”
Tremila tutti al loro posto, chissà a tradurli in birre che cosa non potrebbe venir fuori. Manca poco, il tempo scorre lento, quasi nervoso. Ci siamo, applausi, le ragazze entrano in campo. Oggi giochiamo in bianco, le scozzesi in blu notte. Partono gli inni, cuore che batte, lacrime, visibili e invisibili. Vedo le “mie” ragazze stringersi e idealmente anche io mi stringo a loro. Pallone che vola nel cielo grigio: è cominciata.
E’ subito Italia, mischie, grovigli di braccia, placcaggi che riescono bene, tutti, tranne uno. Solo otto minuti ed una freccia blu ferisce nel profondo la nostra difesa. Stupore e sorpresa e Da Silva (strano nome per una scozzese) spegne la sua corsa la, giusto in mezzo ai pali, giusto dove fa più male. Fortunatamente la trasformazione non riesce. Ci provano ancora le scozzesi, sprecano e ripartono, rimbalzano ancora contro una muraglia bianca. Il gioco oscilla tra le due trincee come indeciso su quale sia la più solida. Reggono le difese, da una parte e dall'altra, ma il pallone è sempre in mano nostra, le ragazze col cardo possono solo sfiorarlo, toccarlo mai e quando lo fanno succede che non sia nella maniera corretta. Punti per noi, dalla piazzola, un modo per dire che siamo li. Cinque a tre per la Scozia. Si riparte e ancora avanti, il tema mi pare di conoscerlo, sempre lo stesso, sempre affascinante, Italia orgogliosa e scozzesi che non mollano e provano e si dannano, soprattutto per fermare Veronica Schiavon, che pare piccola vista da quassù, ma io lo so (e mica solo io) che in campo è un gigante. Oggi è la sua partita, il suo pubblico, è una di quelle giornate dove le cose vanno fatte e basta e lei lo sa. Prende per mano la squadra e corre, calcia, comanda e segna, infilandosi tra le pieghe della difesa scozzese. Il pubblico esplode, i bambini intonano un “Italia, Italia” a squarciagola, io sorrido solamente, penso a tutti quelli che si lamentano e dicono che in Italia non c’è nemmeno un’apertura decente.
Non faccio a tempo a riprendermi dai miei pensieri che la partita corre via, un susseguirsi di calci, touche, impatti, le scozzesi non ci tengono a tornare a casa con il “cucchiaio” appeso al collo, l’orgoglio impone di lottare. Provano a passarci sopra, ma oggi non ce n’è, tanto che alla fine gli passiamo sopra noi, Flavia Severin è un nome che a Meggetland (casa del rugby femminile scozzese) ricorderanno a lungo. Lei un gigante lo è per davvero in campo e fuori, con un sorriso sincero, che ti sembra sempre di essere in debito con lei di una birra. Io in debito lo sono davvero per quello che ha fatto in campo e per quell’abbraccio a fine partita, silenzioso, sudato, sincero. Grazie Flavia.
Il tabellone dice 20 – 5 per noi, quando l' arbitro fischia e il primo tempo finisce, per la Scozia è l’orlo del baratro.
Ci vuole una birra e tutto il calore di tanti amici che come me arrivano dagli angoli più disparati d’Italia: Livorno, Monza, Biella, Roma. Non faccio in tempo a sorridere per questo caledoiscopio che si ricomincia.
Scozzesi furibonde, fagocitano metri di campo con rasoiate che fanno male, ci schiacciano nei nostri ventidue metri. Una mischia. Poi un'altra. Sempre li, sempre a lottarsi ogni centimetro. Lo stadio urla ancora, è un “Italia, Italia” che mette i brividi. Resistiamo e ancora colpiamo li, dove il cardo si inchina, con il piede delicato di Veronica che ci regala altri sei punti. E poi non è finita ancora una volta mischia ancora lotta feroce. Il pallone non esce neppure più da là sotto, è ormai una guerra di forza, tutti a testa bassa, un pacchetto di mischia contro l'altro. Non so se sia più l’orgoglio o l’incazzatura a spingere in meta le scozzesi, la partita sarà pure persa, ma l’orgoglio è salvo.
Adesso però è il nostro di orgoglio ad essere ferito, nessuno ci passa sopra e se anche accade non si può farlo impunemente. Non sono passati ancora cinque minuti, orgoglio per orgoglio, onore per onore. E’ ancora Flavia a portarsi dietro le compagne, una marea bianca che le scozzesi tentano di arginare, quando e come possono, finchè possono. Si apre una falla e le ragazze in blu perdono un metro e poi un altro e un altro ancora si abbarbicano al terreno, lì, davanti a quella striscia bianca che ormai sta dietro la schiena, dietro i talloni, le azzurre non la vedono ma sanno che sta li, e allora testa bassa, gambe e braccia a divorare centimetri, un altro passo avanti, la linea bianca sparisce sotto la mischia, qualcosa di invisibile scricchiola e si spezza: e le nostre ragazze portano in meta tutto quanto: pallone, le scozzesi e tutta la Scozia, ma soprattutto se stesse.
Finisce così, finisce che è storia, una storia che chissà come mai ultimamente passa sempre per Highland. Per me invece la storia passa dalla determinazione della “Gina” che in realtà si chiama Paola Zangirolami ed è il capitano azzurro, dalla umiltà di un’altra Schiavon (Valentina) che cambia ruolo ogni volta, sorride e gioca come se star dove deve fosse la cosa più naturale del mondo, dai placcaggi di Giulia Bratush che finalmente non fa nere più solamente le mie Rhinogirls o dalla precisione di Silvia Gaudino che per farle sbagliare qualcosa non basta la Scozia intera. Vi ringrazio tutte e non lo faccio singolarmente solo per una questione di spazio.
Finisce così, con una di quelle giornate che nella vita di un rugbista fanno volume, una di quelle giornate che si raccontano al pub, o dopo un allenamento, con la soddisfazione di ricordare che c'eri, che sei stato la, dove la storia si fa un po’ più azzurra.
Giocherò finchè avrò voglia di superare me stesso su un terreno di gioco, finchè la vittoria conterà molto per me...